
Le cosiddette fake news sono diventate uno degli aspetti più importanti del sistema mediatico del 21°secolo.
Secondo un’analisi, l’attività degli utenti su Facebook (mi piace, commenti, condivisioni) è stata più intensa per le storie di notizie false più virali, rispetto alle notizie reali più virali, nei tre mesi precedenti le elezioni presidenziali del 2016.
Anche uno studio più recente ha riportato che, tra gli articoli sottoposti a verifica dei fatti, le storie di notizie false si sono effettivamente diffuse più velocemente e largamente delle storie di notizie vere. In una ricerca del 2020 si è cercato di gettare luce su questo fenomeno esplorando il profilo psicologico di coloro che tendono a credere a queste notizie false.
Le fake news non sono qualcosa di nuovo. Le riviste sono in circolazione dall’inizio del 20°secolo, tuttavia le fake news per come vengono discusse oggi sembrano essere una nuova categoria di disinformazione.
Secondo una definizione di Lazer et al. del 2018 le fake news sono: “informazioni che imitano il risultato finale dei mezzi di informazione nella forma, ma non nei processi organizzativi o nell’intento, ad esempio mancano di norme editoriali e processi per eliminare il falso in favore del vero. Le fake news sono quindi un sottotipo della più ampia categoria della disinformazione, informazioni errate sullo stato del mondo.”
Dato che i creatori di notizie false non sono tenuti alle norme editoriali, è importante capire quali sono i fattori cognitivi che consentono ai lettori di eliminare il falso in favore del vero.
Già in passato alcune ricerche hanno mostrato che il fatto di aver sentito un pettegolezzo in precedenza aumenta la possibilità di crederci. L’effetto illusorio della verità è quello per cui la ripetizione di alcune dichiarazioni su delle banalità aumenta la percezione dell’accuratezza di queste affermazioni. Pennycook, Cannon e Rand (2018) hanno scoperto che la semplice lettura del titolo di una notizia falsa una volta è sufficiente ad aumentare le successive percezioni della sua accuratezza. È sorprendente che la familiarità giochi un ruolo così importante nel credere alle notizie false, dato che il contenuto è spesso poco plausibile.
Ad esempio, il titolo “Trump ha vietato tutti i programmi TV che promuovono l’attività gay a partire da Empire” è stato valutato accurato solo dal 5% del campione della ricerca di Pennycook et al. alla prima esposizione. Una sola esposizione precedente ha raddoppiato la percentuale dei partecipanti e l’effetto si è presentato anche dopo una settimana. La spiegazione dominante per questo effetto di verità illusoria è che la ripetizione faciliti un’elaborazione fluida e rapida, che porta a credere che l’affermazione ripetuta sia vera.
Nella ricerca di Pennycook et al. questa conclusione era supportata da tre fattori: 1. L’effetto della ripetizione sul giudizio di accuratezza persisteva anche quando i partecipanti dimenticavano di aver già sentito la notizia falsa (l’effetto quindi non dipendeva dalla memoria esplicita). 2. L’effetto della ripetizione era evidente anche quando ai partecipanti venivano fatte leggere notizie false di politica che non coincidevano con la loro ideologia (avrebbero quindi avuto ragioni in più per rifiutare di credere alla notizia). 3. Avvertire i partecipanti del fatto che le notizie false erano state contestate da una terza parte che le aveva verificate (un intervento usato in precedenza da Facebook per contenere le notizie false), non aveva minato né interrotto l’effetto della ripetizione.

Prove recenti indicano che l’effetto illusorio della verità non è moderato dallo stile o dall’abilità di pensiero di una persona, la percezione della precisione delle notizie è influenzata da meccanismi di elaborazione delle informazioni di basso livello, ad esempio la fluidità, che non sono apparentemente interrotti da processi di ragionamento di più alto livello.
Le notizie false possono essere un caso in cui la propensione a pensare in modo scettico e analitico è un fattore determinante per la convinzione e l’impegno nei social media. Una domanda centrale è se il credere alle notizie false rappresenti un interessante esempio dell’esercizio di un tratto comune, vale a dire essere poco scettici accettando una vasta gamma di affermazioni, insomma essere un po’ creduloni, un tratto in contrasto con il mettere in discussione le proprie prime intuizioni, quelle più istintive e viscerali.
La conoscenza umana è caratterizzata da una distinzione tra processi autonomi e intuitivi e processi deliberativi e analitici. Sembra che le persone che tendono a pensare in modo analitico siano meno suscettibili alle notizie false, indipendentemente dalla conoscenza della fonte della notizia e indipendentemente dalla familiarità del titolo. Sembra quindi che pensare in modo analitico faciliti il riconoscimento delle notizie false prendendo in considerazione il contenuto del titolo, come ad esempio il fatto che questo sia poco plausibile.
La ricerca di Pennycook et al. presenta certamente alcuni limiti, ad esempio ai partecipanti venivano fatti leggere solo i titoli delle notizie e si chiedeva loro di giudicarne l’accuratezza e in alcuni casi di indicare se le avrebbero condivise sui social media. I partecipanti non avevano la possibilità di leggere tutto l’articolo, una scelta basata sul fatto che spesso le persone si limitano alla lettura del titolo sui social media. Questo però lascia un dubbio sul fatto che la percezione di accuratezza della notizia sia influenzata dal tratto intuitivo e poco scettico di cui parlavamo o da qualcosa di particolare nel titolo della notizia.
Questa ricerca ha trovato le prove di importanti differenze individuali che si manifestano in un’ampia gamma di compiti proposti ai soggetti partecipanti. Le persone più suscettibili alle notizie false sono anche quelle che tendono a sopravvalutare la propria conoscenza (ad esempio di fronte a una lista di nomi storici inventati, trovano familiare ciò che in realtà non esiste), credono di essere riflessive ma invece si basano molto di più sull’istinto e sono anche persone che ottengono punteggi più bassi in test sul pensiero analitico.
Tutto questo sembra basarsi su un singolo elemento, accettare senza scetticismo una vasta gamma di affermazioni indipendentemente dal loro valore scientifico. Certamente servono ulteriori ricerche ma sembra che queste siano le basi per spostarsi verso un’apertura mentale più riflessiva ed evitare di credere alle notizie false.
- Pennycook, G., Rand, D., G. Who falls for fake news? The roles of bullshit receptivity, overclaiming, familiarity, and analytic thinking. Journal of Personality. 2020; 88:185–200.
Leave a Comment