La depressione è un problema ricorrente per molte persone. Nonostante oggi esistano diverse opzioni di trattamento per la depressione, le ricadute sono ancora molto alte. Possiamo parlare di una sorta di vulnerabilità alla depressione, la vulnerabilità può essere concettualizzata come un processo interno, un tratto reattivo agli effetti dello stress, che risiede nelle variabili genetiche, biologiche e psicologiche. È una sorta di effetto accensione, dove dopo ogni episodio depressivo si diventa più vulnerabili alla ricaduta e alla ricorrenza dei sintomi, che sono attivati da fattori di stress via via più moderati. Ogni episodio depressivo lascia una cicatrice sulla persona.

Proviamo a capire cosa accade nella nostra mente quando siamo depressi.
Secondo la teoria metacognitiva la depressione è causata da una eccessiva
ruminazione che a sua volta è mantenuta in vita da alcune credenze poco adattive sulla ruminazione stessa, dette anche “metacognizioni”.
Cos’è la ruminazione? La ruminazione è un focus passivo e ripetitivo sui sintomi depressivi e sulle loro conseguenze, i pensieri sono continuamente orientati ai sentimenti negativi che si provano, ai fallimenti e agli errori del passato.
Le persone depresse che abitualmente si impegnano nella ruminazione tendono a credere che questo possa aiutarle a guarire dalla depressione (metacognizione positiva), pensieri come: “Analizzare le cause della mia tristezza mi darà la risposta al problema” oppure “Pensare al peggio, mi farà reagire”, portano a ripetute e prolungate ruminazioni. Si crea poi un circolo vizioso per cui la ruminazione attiva anche delle metacognizioni negative, ad esempio: “Non posso controllare i miei pensieri” o “Dormire di più, sistemerà la mia mente”. Questo porta la persona a vivere un maggiore stress e a tendere alla messa in atto di comportamenti che riducono le capacità di risoluzione dei problemi, portano a un ridotto supporto sociale e di conseguenza a un aumento della depressione, quindi queste persone credono anche che la ruminazione sia dannosa per la salute mentale e le relazioni sociali e che non sia possibile controllarla. Questo blocca la persona in un perseverante circolo di pensieri negativi.
Queste metacognizioni negative rappresentano dei fattori di vulnerabilità per la ricaduta nella depressione, quindi chi mantiene queste credenze negative è più a rischio di rivivere i sintomi della depressione.
A loro volta le metacognizioni sono rinforzate da esperienze prolungate di sintomi depressivi, dove la ruminazione inibisce le strategie di risoluzione dei problemi più adattive, portando all’isolamento sociale, al dedicarsi sempre meno alle attività quotidiane, di lavoro o di svago e portando anche a delle difficoltà nel controllo dell’attenzione. Queste difficoltà a livello dell’attenzione possono causare problemi a inibire l’intrusione dei pensieri negativi e di conseguenza aumentare la ruminazione.

Secondo alcuni autori l’attenzione è un fattore di cruciale importanza per comprendere la vulnerabilità alla depressione e le conseguenti ricadute.
Secondo il modello cognitivo di Beck l’elaborazione delle informazioni è guidata da alcuni schemi, che sulle base di esperienze precedenti, contengono e organizzano le informazioni sul sé, il mondo e il futuro. La depressione dovrebbe essere caratterizzata da schemi negativi che coinvolgono la perdita e il fallimento. Questi schemi interferiscono con l’elaborazione delle informazioni a livello di attenzione, interpretazione e memoria e delle esperienze emotive. Questi schemi restano nascosti fino a quando non sono attivati da stimoli rilevanti.
Con il tempo questi schemi diventano sempre più facilmente accessibili e reattivi ai fattori di stress, specie dopo ogni episodio depressivo. L’aumento della reattività non spiega però perché le persone non siano in grado di fermare gli schemi di pensiero negativi. Questa difficoltà nell’inibizione degli schemi negativi potrebbe essere dovuta oltre al maggior accesso a questi schemi disfunzionali anche a una diminuzione del monitoraggio dei pensieri e dei sentimenti prodotti da questi schemi, quindi una riduzione del monitoraggio metacognitivo.
I deficit di attenzione riguardano soprattutto l’elaborazione di informazioni negative, dopo l’esposizione a fattori di stress, dove le persone faticano a distogliere l’attenzione da materiale emotivo negativo una volta che questo è entrato nel proprio focus.
Il fatto di non essere consapevoli dei nostri pensieri e di non riuscire ad orientare l’attenzione distogliendola da quelli che sono gli stimoli negativi espone ad un rischio di ricadere nella depressione. .

Cosa possiamo fare per evitarlo?
La Mindfulness può esserci d’aiuto.
La mindfulness è un modo particolare di prestare attenzione al momento presente caratterizzato da un’attitudine ricettiva e non giudicante, un’osservazione aperta delle esperienze interne ed esterne vissute nel momento presente che sono oggetto della concentrazione e focus dell’attenzione. I training di mindfulness possono aiutare a ridurre la reattività cognitiva che causa la ricaduta nella depressione, a diminuire l’evitamento e la ruminazione, che possono dipendere dallo sviluppo di un controllo sull’attenzione. La maggiore accettazione di quello che stiamo provando nel momento presente e quindi dei nostri pensieri, siano essi positivi o negativi, può aiutarci a ridurne l’evitamento e aumentare il monitoraggio metacognitivo, come abbiamo visto la riduzione di questo monitoraggio è un ulteriore fattore di rischio per la ricaduta nella depressione.
Tramite la mindfulness impariamo a orientare l’attenzione e spostarla dal contenuto negativo del pensiero per osservare i processi mentali e il modo in cui entriamo in relazione con i nostri pensieri.
- Kraft, B.; Jonassen R.; Ulset V.; Stiles T.; Landrø N. I. A Prospective Test
of the Metacognitive Model of Depression in Previously Depressed Individuals.
Cognitive Therapy and Research., June 2019, Volume 43, 3, pp 603–610.