
La tanto attesa fase 2 dell’emergenza COVID 19 è arrivata e forse per molti di noi non è stata come ce la aspettavamo. Le emozioni che accompagnano questa nuova fase della nostra vita talvolta più che emozioni di gioia, sono emozioni di paura.
La paura è un’emozione primaria, che ci protegge dal pericolo, ci difende. È comune provare paura, specie in questo momento. Ma se non riusciamo a gestire la paura è importante chiedere aiuto per evitare che questa sfoci in uno stato di panico o ansia generalizzata.
La mindfulness può aiutarci a combattere la paura?
La mindfulness è uno stato di consapevolezza e attenzione diretta in modo intenzionale e non giudicante all’esperienza del momento presente. La popolarità di questa pratica è cresciuta molto negli ultimi vent’anni, grazie allo sviluppo di diversi interventi basati sulla mindfulness e a numerose ricerche che hanno mostrato che la mindfulness promuove il benessere generale fra persone sane e fra persone che presentano problemi clinici. Alcuni studi hanno indagato qual è il meccanismo attraverso il quale la pratica esercita questa influenza positiva.
È cresciuto anche l’interesse delle neuroscienze, quindi gli studi che indagano i cambiamenti che avvengono in alcune regioni del cervello a livello strutturale e funzionale, (in particolare l’ippocampo, la corteccia prefrontale, e l’amigdala), associati alla pratica della mindfulness. Vi sono studi che hanno indagato il ruolo della mindfulness nell’estinzione della paura.
Il concetto di estinzione della paura si ritrova tra i modelli di apprendimento e tra i modelli comportamentali. In questi modelli viene ipotizzato che la paura possa essere appresa, imparata (condizionata) e disimparata (estinta).
Durante un tipico processo di condizionamento della paura uno stimolo neutro, ad esempio un suono, viene accoppiato ripetutamente con un altro stimolo sfavorevole, ad esempio uno shock, formando un’associazione tra i due stimoli. Il risultato è che una persona viene condizionata a mostrare una risposta di paura (aumento del battito cardiaco, aumento della pressione sanguigna, comportamenti di evitamento), quando si espone allo stimolo neutro, ad esempio il suono, anche in assenza dello stimolo sfavorevole associato, ad esempio lo shock. La continua esposizione allo stimolo neutro in assenza dello stimolo negativo dovrebbe portare all’estinzione della risposta condizionata di paura.
Estinzione, in ogni caso, non significa disimparare l’associazione che si è formata tra lo stimolo neutrale e quello avverso. Piuttosto significa apprendere una nuova memoria in competizione con la precedente, ma che non elimina quella originale, oppure accade che la memoria originale di paura si consolida in un nuovo contesto di associazione.
Una delle regioni del cervello coinvolta nell’estinzione della paura è l’ippocampo, una regione principalmente interessata nel consolidamento e riconsolidamento della memoria e quindi nel segnalare il contesto dell’estinzione. L’ippocampo a sua volta ha ampi collegamenti con l’amigdala che è legata all’elaborazione delle emozioni, in particolare all’acquisizione ed espressione della risposta condizionata di paura. Oltre all’ippocampo, l’amigdala ha anche varie connessioni con la corteccia prefrontale ventromediale, una regione del cervello che presiede alle nostre decisioni e alla regolazione delle emozioni, inclusa l’elaborazione del rischio e della paura.
Estinzione della paura e mindfulness

Caratteristica unica della pratica di mindfulness è il suo ampio focus su un monitoraggio non giudicante e non reattivo dei fenomeni dell’esperienza in modo consapevole (sensazioni fisiche, emotive e pensieri). Durante la meditazione mindfulness siamo esposti direttamente a pensieri, ricordi, emozioni sfavorevoli, questa esposizione però è affiancata ad un’osservazione non giudicante di questi e alla prevenzione di una reazione emotiva. Tutto ciò può portare a una desensibilizzazione e dopo a una estinzione di quei ricordi, stati emotivi e pensieri sfavorevoli. Nella mindfulness le persone sono esposte a ricordi, pensieri, emozioni avversi, ma imparano anche a rispondere a questi pensieri in modo non impulsivo e non giudicante.
Studi di neuroimmagine hanno mostrato che la maggior parte delle regioni del cervello che sono potenziate dalla mindfulness sono anche verosimilmente coinvolte nell’estinzione della paura (ippocampo, amigdala, corteccia prefrontale ventromediale).
Nelle persone che meditano è stata ritrovata una più alta concentrazione di materia grigia o un maggior volume dell’ippocampo, rispetto a persone dello stesso sesso, età e scolarizzazione che non meditano. È stato riscontrato un aumento della materia grigia e del volume anche nella corteccia prefrontale tra i meditatori.
Queste scoperte sembrano suggerire il possibile ruolo della meditazione mindfulness nel potenziare le strutture del cervello coinvolte nel richiamo (ippocampo) e nell’apprendimento emotivo (corteccia prefrontale). In particolare è stata trovata una correlazione tra numerose ore di meditazione e l’aumento della materia grigia nella corteccia orbito frontale mediale, proprio la corteccia orbitofrontale mediale sembra coinvolta nell’estinzione della paura. Un aumento dello spessore di questa regione del cervello, che pare dovuto alla meditazione, può aiutare nell’estinzione di una risposta condizionata di paura.
Tuttavia l’idea che l’estinzione della paura sia favorita dalla meditazione mindfulness si trova ancora ad uno stadio preliminare, richiederà future ricerche per la conferma.
- Kummar, A. (2018). Mindfulness and Fear Extinction: A Brief Review of Its Current Neuropsychological Literature and Possible Implications for Posttraumatic Stress Disorder. Psychological Reports, Vol. 121(5) 792–814.
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