Un buono stato di salute mentale può essere definito come la presenza di uno stato di benessere ottimale in assenza di psicopatologia. Questo include sia sentirsi bene, la felicità e altri stati d’animo positivi, sia funzionare bene nella propria vita mentale, accettare se stessi, avere delle relazioni positive e degli obiettivi, essere accettati e integrati socialmente.
Diversi studi hanno mostrato che un buono stato di salute mentale funziona come una risorsa di resilienza, la resilienza è la capacità che le persone hanno di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà, e protegge da malattie sia fisiche che mentali.
Ma quali sono i meccanismi di lavoro per cui un buono stato di salute mentale mette in atto le sue potenzialità come risorsa di resilienza?
Uno dei possibili meccanismi tra lo stato di salute mentale e la psicopatologia è la self-compassion, l’autocompassione.
Quando parliamo di autocompassione parliamo di un atteggiamento caloroso, premuroso, empatico e non giudicante verso se stessi nei momenti di fallimento e sofferenza. Il concetto di autocompassione comprende tre aspetti: essere gentili verso se stessi, cioè essere rispettosi e comprensivi con se stessi nei periodi di stress e nei momenti di fallimento, piuttosto che essere auto-critici; l’umanità comune, la capacità di riconoscere la propria sofferenza come parte della comune e condivisa esperienza umana nella quale insuccessi e imperfezioni sono avvenimenti normali, piuttosto che vedere le sofferenze come avvenimenti personali e isolati; la mindfulness, la capacità di assumere una posizione aperta, di accettazione e non giudizio nei confronti del sé e della sofferenza, esserne consapevoli senza rimuginarci sopra.
Sebbene le persone solitamente siano gentili e compassionevoli con gli altri spesso sono dure e insensibili verso se stesse. Confrontarci con i nostri limiti ci può portare a ripiegarci su noi stessi, focalizzarsi così intensamente su di sé può portare a una visione ristretta delle cose che conduce a identificarsi eccessivamente con questi limiti e ad essere spazzati via dai pensieri e dai sentimenti negativi su di sé. L’autocompassione implica essere gentili verso se stessi nel momento in cui ci si confronta con le proprie debolezze, ricordandosi che essere umani significa non essere perfetti e saper imparare dai propri errori. L’autocompassione implica anche un atteggiamento di apertura verso pensieri ed emozioni negative che riconosca i fallimenti personali all’interno di una prospettiva bilanciata.

Alcuni studi mostrano che le persone che hanno un buon livello di salute mentale hanno anche un alto livello di autocompassione e che un alto livello di autocompassione può ridurre il rischio di psicopatologia.
Poiché l’autocompassione è caratterizzata da gentilezza, da una consapevolezza equilibrata e ampia e da sentimenti di connessione e sostegno contribuisce allo sviluppo di risorse positive per la salute mentale come le emozioni positive, l’accettazione di sé, la padronanza dell’ambiente e delle relazioni sociali positive. Diversi studi sostengono quest’idea, mostrando che l’autocompassione è associata a dei fattori legati a un buono stato di salute mentale, come gli affetti positivi, il livello di soddisfazione nella vita, l’ottimismo, la felicità, la saggezza e l’iniziativa personale. Allo stesso tempo l’autocompassione è correlata negativamente ad affetti negativi, alla psicopatologia nella forma di depressione, ansia e stress.
Ma perché e attraverso quali processi l’autocompassione riesce a proteggere le persone dallo sviluppo del disagio mentale? Alcuni studiosi hanno di recente sostenuto che la regolazione delle emozioni sia uno di questi meccanismi. Le persone autocompassionevoli non cercano di alterare o scappare dalle esperienze negative e stressanti, piuttosto sembrano modificare il contesto nel quale queste esperienze avvengono, andando incontro a questi fattori di stress e affrontandoli con sentimenti di cura, supporto, apertura, tolleranza e calma, piuttosto che con giudizio. Queste situazioni negative sono viste come momentanee e come qualcosa che può essere controllato, questo aiuta a non cadere in degli schemi depressivi. L’autocompassione funziona come una strategia di autoregolazione che aiuta nella rivalutazione di quello che sta accadendo e nell’accettare le situazioni negative.
Possiamo dire che l’autocompassione è un’abitudine salutare da tenere verso se stessi e può influenzare positivamente il modo in cui valutiamo le situazioni che ci troviamo ad affrontare, anche quelle fonte di pericolo e difficoltà. Inoltre l’autocompassione può aiutarci nel raggiungere i nostri obiettivi alleviando l’influenza emotiva negativa creata da ostacoli e battute d’arresto.

Cosa possiamo fare dunque per sviluppare un’attitudine compassionevole verso noi stessi?
Abbiamo visto che una delle caratteristiche principali dell’autocompassione è quella della mindfulness,la capacità di assumere una posizione aperta, di accettazione e non giudizio nei confronti del sé e della sofferenza. Focalizzarci su quello che avviene nel momento presente ci aiuta a non disperdere le nostre energie sul passato, rischiando di rimuginare su eventi negativi già accaduti e che non possiamo cambiare e sul futuro, del quale non possiamo ancora sapere nulla. La consapevolezza ci aiuta ad affrontare anche gli eventi negativi con un atteggiamento compassionevole.
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